Negli anni ’40, lo psicologo Harry Harlow fece un esperimento con delle scimmie rhesus, dando loro puzzle da risolvere.
Sorprendentemente, le scimmie li completarono senza alcuna ricompensa, solo per il piacere di farlo.
Quando Harlow introdusse una ricompensa, le performance peggiorarono: le scimmie impiegavano più tempo e facevano più errori.
Questo esperimento mostrò che, oltre alle ricompense esterne (come cibo o denaro), esiste un’altra motivazione, meno logica e più emotiva, che guida i nostri comportamenti. Evidenziò inoltre il paradosso che le ricompense esterne possono ridurre questa motivazione interna e ridurre le performance.
Da questo esperimento parte il ragionamento di Daniel Pink nel libro Drive, alla scoperta di ciò che realmente ci motiva.
Una nuova consapevolezza
Per molto tempo si è creduto che il comportamento umano fosse mosso da una logica di costo-beneficio: facciamo qualcosa solo se il vantaggio supera il costo.
Questo era il principio della Motivazione 1.0, legata alla sopravvivenza, e della Motivazione 2.0, basata su ricompense e punizioni, il classico schema del “bastone e carota”.
Oggi sappiamo che la motivazione è molto più complessa.
Pink introduce la Motivazione 3.0, basata su un “terzo driver”: il nostro desiderio di autonomia, maestria e scopo.
Da Maslow alla Self-Determination Theory (SDT)
Daniel Pink utilizza i principi della Self-Determination Theory per spiegare come la motivazione umana vada oltre le classiche dinamiche di ricompense e punizioni.
La Self-Determination Theory rappresenta un’evoluzione rispetto alla piramide di Maslow.
Quest’ultima è un modello classico che descrive i bisogni umani in una gerarchia: si parte dai bisogni di base, come cibo e sicurezza, per arrivare, solo dopo averli soddisfatti, all’autorealizzazione, cioè il pieno sviluppo del proprio potenziale.
Maslow sosteneva che ogni livello di bisogno dovesse essere soddisfatto prima di passare al successivo, con l’autorealizzazione come punto più alto della motivazione.
La Self-Determination Theory, sviluppata successivamente, non si basa su una gerarchia rigida, ma identifica tre bisogni psicologici innati che devono essere continuamente soddisfatti per mantenere alta la motivazione e il benessere, anche quando i bisogni di base sono già coperti.
Questi bisogni sono:
- Autonomia: avere il controllo sulle proprie scelte. Esempio: poter decidere come organizzare il proprio lavoro senza eccessive imposizioni.
- Competenza: sentirsi bravi e capaci in ciò che si fa. Esempio: imparare nuove abilità sul lavoro o migliorare in uno sport.
- Connessione: sentirsi parte di una comunità o avere legami significativi con gli altri. Esempio: costruire buone relazioni con colleghi o sentirsi utili alla società.
Motivazione intrinseca vs estrinseca
La motivazione può essere divisa in due grandi categorie: intrinseca ed estrinseca.
La motivazione estrinseca è quella che deriva da fattori esterni come premi, incentivi economici o riconoscimenti.
Funziona bene nei lavori algoritmici, cioè quelli ripetitivi e predeterminati, dove il compito è chiaro e l’obiettivo è definito. In questi casi, ricompense e incentivi possono aumentare la produttività, ma devono essere gestiti con attenzione.
Per utilizzare il modello “bastone e carota” in modo efficace nei lavori algoritmici, è utile:
- Spiegare l’importanza del compito: anche se può sembrare banale, sapere il perché di una task aiuta a darle un significato.
- Riconoscere le difficoltà: se un compito è noioso o ripetitivo, ammetterlo chiaramente può ridurre il senso di frustrazione.
- Dare autonomia: lascia che le persone scelgano come affrontare il compito, nei limiti del possibile. Avere un minimo di controllo aumenta il coinvolgimento.
La motivazione intrinseca, invece, è quella che nasce dal desiderio interno di fare qualcosa perché è appagante di per sé.
È cruciale nei lavori euristici, dove creatività, problem solving e pensiero critico sono essenziali.
Qui, le ricompense esterne non bastano, e possono addirittura ridurre la qualità del lavoro se si punta solo sull’incentivo.
Ciò che stimola davvero è l’ambiente e la percezione di libertà e crescita.
Per favorire la motivazione intrinseca, è importante:
- Creare un ambiente stimolante: le persone lavorano meglio in un contesto che favorisce curiosità e innovazione.
- Garantire condizioni economiche eque: non si tratta di lavorare gratis, ma è fondamentale che chi lavora percepisca un trattamento giusto rispetto al suo ruolo.
- Concedere autonomia: dare alle persone il controllo su come svolgere il loro lavoro le rende più motivate e soddisfatte.
- Usare ricompense in modo non prevedibile: eventuali bonus o premi non devono essere qualcosa di atteso o meccanico, ma una sorpresa che non crei dipendenza dall’incentivo.
- Offrire feedback frequenti e specifici: chi lavora ha bisogno di sapere come sta andando, e il feedback deve essere costruttivo e immediato.
Il costo nascosto della ricompensa
Le ricompense possono avere effetti negativi sui lavori euristici: trasformano compiti interessanti in obblighi, riducendo la motivazione intrinseca e peggiorando così la performance, soprattutto in termini di creatività e costanza.
Quando c’è di mezzo una ricompensa, tendiamo a concentrarci solo sull’ottenere il premio, perdendo di vista la qualità del lavoro e la capacità di guardare i problemi da diverse prospettive.
In questi casi, compiti che richiedono pensiero laterale e creatività risultano spesso eseguiti meglio in assenza di incentivi.
Nell’ambiente scolastico e lavorativo, l’uso dello schema “bastone e carota” è ancora prevalente, anche quando si tratta di attività che richiederebbero motivazione intrinseca.
Ricompensare esternamente in questi contesti si dimostra inefficiente.
Gli studenti, ad esempio, che ricevono premi per risolvere problemi tendono a scegliere i compiti più facili, evitando di mettersi alla prova e di crescere.
Persone di tipo X e tipo I
Daniel Pink distingue tra persone motivate da fattori estrinsechi (tipo X), come ricompense materiali, e persone guidate da motivazioni intrinseche (tipo I), come la libertà e la sfida personale.
Nessuno è completamente X o I, ma tendiamo più verso uno dei due. Per capirlo, chiediti:
“Quale attività mi dà più energia? E questa energia viene da un fattore esterno o interno?”
Nel lungo termine, il tipo I tende a sovraperformare, perché non si limita a cercare successi esterni, ma persegue un’idea di successo personale e psicologica, legata alla crescita e al fare qualcosa di significativo.
Le persone di tipo I vogliono migliorarsi seguendo ciò che ritengono importante, non per il riconoscimento degli altri.
Credono che l’intelligenza sia incrementale, cioè che possa crescere con l’impegno, abbracciano le sfide e vedono l’impegno come un mezzo per migliorare.
Autonomia
L’evoluzione umana si è sempre mossa verso una maggiore autonomia e libertà, perché questo bisogno è radicato profondamente in noi.
Il controllo porta alla conformità, mentre l’autonomia porta all’impegno.
Autonomia non intesa come anarchia, ma come libertà di fare scelte all’interno di una struttura (aziendale o societaria), in cui restiamo comunque interdipendenti.
Pink critica il management tradizionale, considerandolo la causa principale che trasforma le persone di tipo I (motivate da fattori interni) in persone di tipo X (guidate da ricompense esterne).
Secondo l’autore, dovremmo reprimere la volontà di controllare le persone e invece cercare di liberarne il senso di autonomia.
Le aziende che danno più autonomia ai loro dipendenti ottengono risultati superiori, con performance fino a quattro volte migliori e un turnover ridotto di due terzi.
Pink cita diversi esempi di aziende virtuose in questo ambito.
Uno è il visionario CEO di 3M, che diceva: “Assumi persone forti e poi lasciale da sole. Se sono forti, vorranno fare il loro lavoro a modo loro.”
Già nel 1930, 3M permetteva ai dipendenti di spendere fino al 15% del loro tempo su progetti a loro scelta.
Da questa libertà nacquero innovazioni come i post-it.
Google segue un approccio simile, incoraggiando i suoi sviluppatori a dedicare un giorno a settimana a progetti paralleli.
Molti dei prodotti più importanti di Google, come Gmail, sono nati proprio grazie a questi spazi di autonomia, che hanno anche il potere di rafforzare i team e far emergere nuovi talenti e leadership.
Se vuoi attrarre persone di tipo I, devi essere tu stesso una persona di tipo I: l’autonomia è contagiosa.
Maestria
La maestria si raggiunge solo attraverso l’impegno e il coinvolgimento.
Non si tratta di completare un compito, ma del desiderio costante di diventare sempre più bravi in qualcosa.
La condizione ideale per sviluppare maestria è lo stato di flow: quel momento in cui sei così assorbito da ciò che stai facendo da perdere la percezione del tempo e di te stesso.
Per raggiungere il flow, dobbiamo essere sfidati a fare qualcosa che va oltre le nostre attuali capacità, ma non così tanto da farci sentire sopraffatti o ansiosi.
Il flow non è solo piacevole, ma è essenziale per il nostro benessere.
È stato dimostrato che è più facile entrare in flow durante il lavoro che durante il tempo libero, ed è ciò che rende il lavoro significativo.
Il desiderio di affrontare sfide intellettuali è uno dei migliori predittori di produttività.
La maestria richiede tempo, sforzo e anche sofferenza: perseverare a lungo termine è uno dei principali indicatori di successo.
Il percorso verso la maestria è continuo e non ha una fine definita.
La maestria è come una meta elusiva, sempre davanti a noi, attraente proprio perché sembra sfuggente.
Scopo e significato (purpose)
Mihaly Csikszentmihalyi, autore di Flow, ha affermato che l’evoluzione sembra aver favorito le persone con un senso di scopo, spingendoci a fare qualcosa che va oltre noi stessi.
Questo concetto è centrale anche nel mondo del lavoro: le aziende più performanti non perseguono solo il profitto, ma abbracciano cause che contribuiscono positivamente al mondo.
Ai classici obiettivi aziendali come efficienza, valore e differenziazione, oggi si affiancano sempre più concetti più profondi come onore, giustizia e verità.
La tua azienda ha un forte “perché”?
Riesce a trasmetterlo ai suoi lavoratori?
I tuoi dipendenti parlano delle attività aziendali usando il “loro” o il “noi”?
Un senso condiviso di scopo cambia radicalmente il coinvolgimento e le performance, anche in lavori noiosi o algoritmici come quelli nei call center.
Spiegare il perché di un compito, se il motivo è autentico e condiviso, può raddoppiare le performance, trasformando persino attività monotone in qualcosa di più significativo.
Bambini, educazione e motivazione intrinseca
L’autore sostiene che i bambini nascono naturalmente orientati verso il flow e la motivazione intrinseca, incarnando le caratteristiche delle persone di tipo I.
I bambini sono guidati dal puro piacere di esplorare, imparare e scoprire il mondo che li circonda.
Un bambino che gioca è completamente immerso nell’attività (stato di flow), senza preoccuparsi di ricompense esterne o riconoscimenti.
Man mano che crescono, scuola e società spesso tentano di trasformarli in persone di tipo X, focalizzate su motivazioni estrinseche come voti, premi e riconoscimenti esterni.
Sistemi educativi standardizzati, pressioni per ottenere risultati specifici e aspettative sociali possono allontanare i bambini dalla loro motivazione intrinseca, portandoli a svolgere attività non per un autentico desiderio di miglioramento continuo, ma per ottenere approvazione o evitare punizioni.
Questo passaggio soffoca la loro capacità di sperimentare il flow e di perseguire la maestria, impedendogli di raggiungere livelli elevati di soddisfazione personale.
Come genitori ed educatori possiamo mantenere e stimolare la loro motivazione intrinseca con alcune strategie concrete:
Promuovere l’autonomia:
- Offrire scelte significative: Consentire ai bambini di scegliere tra diverse attività o modalità di apprendimento, sviluppando il senso di controllo sulla propria vita. Ad esempio, lasciarli decidere quale libro leggere o quale progetto artistico intraprendere.
- Incoraggiare l’indipendenza: Dare spazio ai bambini per risolvere problemi da soli, intervenendo solo quando necessario, per rafforzare la fiducia nelle proprie capacità.
- Evitare di imporre le proprie aspettative: Permettere ai bambini di seguire il loro percorso, anche se diverso da quello immaginato dai genitori.
Valorizzare la maestria:
- Elogiare l’impegno e il progresso: Concentrarsi sul processo di apprendimento piuttosto che sul risultato finale, riconoscendo lo sforzo e la dedizione.
- Stabilire obiettivi di apprendimento personalizzati: Aiutare i bambini a fissare obiettivi che riflettano le loro passioni e interessi, promuovendo il desiderio di migliorarsi.
Coltivare il senso di scopo:
- Connettere le attività a significati più ampi: Spiegare come ciò che imparano può avere un impatto positivo su di loro e sugli altri, ad esempio studiando scienze per proteggere l’ambiente.
- Incoraggiare il contributo alla comunità: Coinvolgere i bambini in progetti di volontariato o iniziative sociali, rafforzando il loro senso di appartenenza e utilità.
Limitare l’uso di premi e punizioni:
- Evitare ricompense materiali eccessive: Usare con parsimonia premi come dolci o giocattoli; invece, riconoscere verbalmente i loro successi.
- Fornire feedback costruttivo: Offrire riscontri che aiutino a crescere, focalizzandosi su come possono migliorare.
Creare un ambiente stimolante:
- Offrire risorse varie: Mettere a disposizione libri, materiali artistici e giochi educativi che stimolino la curiosità.
- Favorire esperienze diverse: Esplorare insieme musei, parchi naturali o eventi culturali per ampliare i loro orizzonti.
Essere modelli di motivazione intrinseca:
- Mostrare passione nelle proprie attività: Dimostrare entusiasmo per le proprie passioni incoraggia i bambini a fare lo stesso.
- Condividere le proprie sfide e apprendimenti: Raccontare come si affrontano le difficoltà può ispirare i bambini a perseverare.
Incoraggiare il gioco libero e creativo:
- Riservare tempo per il gioco non strutturato: Il gioco libero favorisce l’immaginazione e la creatività.
- Evitare l’eccessiva programmazione: Lasciare che i bambini abbiano momenti senza attività pianificate, permettendo loro di seguire le proprie inclinazioni.
Focalizzarsi sull’apprendimento anziché sulla performance:
- Evitare la competizione eccessiva: Promuovere collaborazione e apprendimento reciproco invece di competizione per voti o riconoscimenti.
- Apprezzare gli errori come parte del processo: Insegnare che sbagliare è un’opportunità per crescere.
Incoraggiare la riflessione personale:
- Discutere delle loro esperienze: Chiedere cosa hanno trovato interessante o sfidante in una certa attività.
- Aiutarli a riconoscere le proprie emozioni: Favorire l’intelligenza emotiva, permettendo loro di esprimere come si sentono.
Supportare le passioni individuali:
- Ascoltare i loro interessi: Prestare attenzione a ciò che li entusiasma e offrire supporto per approfondire quei campi.
Marketing e Motivazione 3.0
Nel marketing, si afferma spesso che ciò che viene venduto è riconducibile a uno o più bisogni primari: sesso, salute, socialità e soldi.
Queste “quattro S” rappresentano motivazioni estrinseche potenti che possono influenzare rapidamente le decisioni di acquisto dei consumatori.
Campagne pubblicitarie che enfatizzano l’attrattiva fisica, la promessa di benessere, l’appartenenza sociale o il guadagno finanziario tendono a ottenere risultati immediati, stimolando desideri e bisogni fondamentali.
Quando si tratta però di costruire relazioni durature con i clienti, queste tattiche possono non essere sufficienti.
Per instaurare un legame profondo e sostenibile, le aziende devono andare oltre le gratificazioni immediate e lavorare sulle motivazioni intrinseche dei consumatori.
Qui entra in gioco la Motivazione 3.0 di Daniel Pink, basata su autonomia, maestria e scopo.
Per coinvolgere i clienti a un livello più profondo, le aziende possono:
- Comunicare uno scopo significativo: come suggerisce Simon Sinek nel suo Start with Why, le aziende che iniziano comunicando il loro “perché” riescono a creare un legame emotivo più forte con il pubblico. Questo significa condividere la missione e i valori che guidano l’azienda, andando oltre il semplice prodotto o servizio offerto.
- Favorire l’autonomia del cliente: offrire opzioni personalizzabili o permettere ai clienti di partecipare attivamente al processo di sviluppo del prodotto può aumentare il loro coinvolgimento e senso di appartenenza.
- Promuovere la maestria: fornire strumenti, informazioni o esperienze che aiutino i clienti a migliorarsi o a crescere in un determinato ambito rafforza la relazione con l’azienda e alimenta la motivazione intrinseca.