Il potere del disgusto
Hai mai sentito parlare del principio del dolore/piacere di Freud o della Prospect Theory di Kahneman?
Entrambi ci dicono che siamo molto più motivati a evitare il dolore che a cercare il piacere.
Freud lo sapeva già un secolo fa: le persone si muovono quando la situazione attuale inizia a fargli schifo, non quando hanno una visione gloriosa del futuro.
E Kahneman, nel suo “Pensieri lenti e veloci”, ci ricorda che le perdite ci colpiscono il doppio rispetto ai guadagni (loss aversion bias).
Siamo più spinti a fuggire da ciò che non sopportiamo, piuttosto che correre verso un piacere ipotetico.
Di conseguenza, quando pensiamo al cambiamento, sia personale che di consumo, dobbiamo capire che il vero motore non è il sogno di qualcosa di migliore. È il disgusto per quello che c’è qui ed ora.
Marketing: vendere con lo schifo
Comunicare i benefici è basilare, ma non è sufficiente se vuoi generare un’azione, e vuoi farlo adesso.
Mostra al tuo prospect che quello che ha è insufficiente, vecchio, fastidioso.
Che la sua situazione attuale fa schifo.
Devi vendere un divano?
Non limitarti a dipingere un quadro di relax futuro: evidenzia quanto sia scomodo quello che ha.
È lo stesso principio che vale per il fitness: se vuoi far dimagrire qualcuno, non fargli immaginare quanto sarà bella la sua vita con 20 kg in meno, ma portalo a confrontarsi con lo specchio di oggi, con quello che non gli piace di sé stesso.
La volontà di agire per un cambiamento nasce quando quello che hai ti fa talmente schifo che non puoi più accettarlo.
Qualche esempio
Cene armoniose, mogli avvenenti, figli bellissimi, tutti felici e contenti a tavola, nella rappresentazione pubblicitaria della famiglia ideale.
Tu guardi la tua cena riscaldata, tuo figlio che non vuole venire a cena, la tua compagna che sclera per la collega stronza, e ti fa un po’ schifo.
In quel piatto di pasta Barilla e in quei biscotti Mulino Bianco vedi l’inizio di una trasformazione in quell’ideale di famiglia.
Osserva i salotti IKEA: tutto al suo posto, tutto perfetto, niente che non sia perfettamente efficiente.
Poi ti guardi intorno: il divano logoro, i vestiti in giro, la libreria piena di cianfrusaglie che dovresti deciderti a buttare via. E ti fai schifo.
Guarda George Clooney che prende il caffè in una stanza bianca, asettica, con macchinari perfettamente puliti, tra capsule colorate, ordinate e preziose.
Tutto così dannatamente sofisticato.
Guardi la tua moka, mezza bruciacchiata, col caffè riscaldato dentro. Ti fai schifo.
Vai nel ripostiglio a prendere l’aspirapolvere. Manca l’adattatore, lo cerchi.
Attacchi la spina, inciampi nel cavo mentre ti destreggi tra le sedie, le scarpe in giro e i giochi di tuo figlio, che si lamenta del rumore.
Passa intanto lo spot Dyson in tv: una casa ordinata, silenziosa. Una persona giovane e rilassata raccoglie le briciole con un gesto leggero, in un istante, tra luci laser e display futuristici.
Sei stanca, esausta. Guardi il tuo cassone di plastica, sporco, vecchio, rumoroso e ingombrante, e pensi: “che schifo”.
Il nemico del cambiamento: l’accettazione
Più della pigrizia, il vero nemico del cambiamento è l’accettazione.
Il momento in cui cominci a dirti “non è poi così male” o “ci sono problemi peggiori” o ancora “c’è chi sta peggio” è l’inizio della tua stasi.
Accettare lo status quo significa rassegnarsi; è un meccanismo di difesa potente ed è il seme della mediocrità.
Quando smetti di voler migliorare, è perché hai accettato che la tua situazione sia “abbastanza”.
Questo vale anche nel marketing: non comunichi solo per dimostrare che sei la scelta migliore rispetto ai competitor, ma soprattutto per superare il vero ostacolo: il non fare nulla.
La procrastinazione è il competitor più grande che devi combattere, e si ciba di accettazione.
Vuoi cambiare?
Parti dal farti schifo.