StoryBrand


Storytelling è una parola che non mi piace, ma la sua concretizzazione nel branding che propone il libro “Building a Storybrand” di Donald Miller, rende bene l’idea.

La prima riflessione, centrale, che ci fa fare questo libro è che le persone, quando cercano un prodotto o un servizio, non cercano un ‘eroe’ bensì una guida, uno strumento per vincere la loro battaglia.

Perché ognuno di noi interpreta già l’eroe della propria vita, il protagonista.

Troppe aziende sono talmente concentrate su sé stesse da mettersi al centro di ogni messaggio di marketing: il loro prodotto, le loro battaglie.

A nessuno importa, a meno che ciò che proponi non possa aiutarmi nelle mie battaglie

Dobbiamo risultare come Yoda per Skywalker, il saggio che ti spiega come fare e ti dà ciò che ti manca per combattere e vincere la battaglia.

Empatia

Immagina che la prima volta che il tuo prospect ti vedrà, si starà inconsciamente domandando: “Sei come me?”

Il brand deve empatizzare e capire quali sono le battaglie del suo cliente tipo.

Queste battaglie possono essere esterne, interne o filosofiche:

  • La battaglia esterna è il problema pratico e contestuale, ciò che mi blocca qui e ora.
  • La battaglia interna riguarda come la risoluzione di quel problema mi aiuterà nella vita.
  • La battaglia filosofica è il perché, in profondità, sto combattendo quella battaglia: su quali ideali si basa, quale causa più grande abbraccia.

Ricordi la metafora dei muratori in “Start With Why” di Simon Sinek e i suoi livelli del cosa, come e perché?

  • Il muratore del Cosa: “Sto mettendo la malta tra un mattone e l’altro.”
  • Il muratore del Come: “Sto mettendo un mattone sopra l’altro per costruire un muro.”
  • Il muratore del Perché: “Sto costruendo il basamento della più grande cattedrale al mondo, un mattone alla volta.”

Focus

Per poter vibrare alla stessa frequenza del cliente serve anzitutto focus.

Deve essere semplice e diretto capire quali sono i valori del tuo brand, quali sono le tue battaglie e chi sono i suoi nemici, in modo che il prospect possa identificarsi.

Quando hai capito veramente quali sono le battaglie del tuo prospect e hai una soluzione che lo aiuterà a vincere queste battaglie, spiegalo chiaramente.

Non essere ambiguo, semplifica il messaggio e riducilo a questo:

“Conosco le tue battaglie, insieme le vinceremo, e lo faremo così.”

Più sarai in grado di parlare dei problemi del prospect, più sarà interessato al tuo brand.

Diventa rilevante come risolutore di quel determinato problema.

Il cattivo

Ogni storia che funziona ha un cattivo, e tu devi essere lo strumento con cui il protagonista – il cliente – sconfiggerà questo cattivo.

Qual è il cattivo più temibile del tuo cliente?

Quali problemi esterni sta causando e come lo fanno sentire emotivamente?

Perché è ingiusto che persone come lui soffrano per colpa di questo cattivo?

Qual è la grande causa dietro la sconfitta di questo nemico?

Le battaglie del cliente

Le battaglie del cliente devono essere battaglie – quasi – esistenziali, ovvero devono rientrare in queste categorie:

  • Risparmio di soldi o di tempo
  • Costruire relazioni
  • Ottenere status sociale
  • Accumulare risorse (produttività, soldi, diminuire sprechi, ecc.)
  • Essere utili agli altri
  • Desiderio di contare ed essere parte di qualcosa di più grande di sé

Costruire fiducia e autorità

Dopo aver stabilito empatia, è il momento di conquistare la fiducia e il rispetto attraverso l’autorità.

Come dimostrare che sei qualificato e affidabile su un dato argomento?

Ecco che entrano in gioco testimonianze, statistiche, premi, articoli di giornale e così via.

Il piano

A questo punto, il nostro prospect sarà assalito dai classici dubbi: “E se non dovesse funzionare?”, “E se mi stessero fregando?”, “Cosa penserà la gente di me?”, “E se non sarò in grado di fare ciò che devo?”

La soluzione sta nell’offrire un piano chiaro e definito, passo dopo passo, che spieghi cosa fare e cosa accadrà successivamente.

Questo piano dovrebbe essere accompagnato da tutte le rassicurazioni necessarie (garanzie), in modo che il cliente senta il peso della responsabilità alleggerito, trasferendolo su di noi.

Includi tutte le informazioni di cui il cliente ha bisogno per comprendere come funziona il prodotto o servizio.

Se sarà confuso o incerto su cosa fare o su come funzionano certe cose, non comprerà.

Invito all’azione

A questo punto, se siamo stati sufficientemente convincenti, il prospect sarà pronto per procedere con l’acquisto.

Qui la regola è semplice: Implicito è morto, così come Sottointeso.

Devi invitarlo all’acquisto in modo diretto e convincente: il fatto che desideriamo che compia un’azione (un acquisto, fornirci un lead) non è implicito.

Tutto deve essere chiaro e immediato, con pulsanti evidenti e messaggi diretti che gli dicano. Immagina che ti stia dicendo:

“Ok, mi hai convinto, cosa devo fare ora?”

La call to action può anche essere “transazionale”, ovvero non mirare subito a un acquisto, ma a una fase intermedia per “conoscerci meglio”, come ad esempio scaricare una guida o simili.

Un’azione transazionale deve però rafforzare il nostro posizionamento come autorità e guida su quel dato argomento o problema, e creare reciprocità nel prospect.

Puoi creare guide gratuite, presentare casi studio, offrire campioni o periodi di prova gratuiti.

Suspense

In una buona storia, per tutta la durata si rimane in bilico tra un grandioso successo o una fine catastrofica.

La presenza del rischio della fine catastrofica è necessaria affinché la storia sia interessante: è la paura delle conseguenze a renderla coinvolgente.

Cosa rischia il nostro cliente se non sceglie noi?

Le persone sono più motivate a evitare il dolore che a cercare la felicità.

Sono più spinte ad agire per non perdere 100€ piuttosto che per guadagnarne 100€ (ricordati il loss aversion bias di Kahneman).

Ricordagli che è potenzialmente vulnerabile e deve agire per cancellare l’ansia data da questa vulnerabilità.

Usa la paura con moderazione: un uso eccessivo rischia di paralizzare il prospect.

Una destinazione chiara

Dove vuoi portare il tuo cliente?

Come sarà la sua vita dopo che ti avrà scelto?

Usa immagini vivide per spiegargli dove vuoi condurlo.

Cosa proverà?

Di cosa si sarà finalmente liberato?

Cosa potrà finalmente ottenere che oggi non ha?

La destinazione perfetta deve chiudere il cerchio della storia e includere uno o più di questi elementi:

  • Guadagno di status, come ottenere l’accesso a qualcosa di esclusivo, limitato o premium.
  • Bisogno di completamento, trovare un partner, lo strumento giusto che mancava per un determinato compito, avere più tempo.
  • Bisogno di miglioramento, raggiungere la migliore versione di sé, accettarsi per ciò che si è o partecipare a un movimento collettivo.

Tutti vogliono migliorare

Il desiderio di trasformazione è il motore che guida ogni nostra scelta, dal partner che selezioniamo al tipo di pasta che mettiamo nel carrello.

Ognuno di noi ha uno o più modelli aspirazionali a cui, consapevolmente o meno, cerca di avvicinarsi.

La felicità si trova nell’equilibrio tra chi crediamo di essere, chi aspiriamo a diventare e il modo in cui siamo percepiti dagli altri.

Quindi chiediti:

Qual è il desiderio profondo del tuo cliente?

Qual è la sua identità aspirazionale?

Come vorrebbe essere descritto dagli altri?

Tu sarai la guida che lo aiuterà a trasformarsi in quella persona.

Quando un brand riesce a risolvere i problemi interni, esterni e filosofici di una persona, accompagnandola nel suo percorso di trasformazione verso l’ideale che vuole raggiungere, fa molto più che vendere un prodotto: cambia la sua vita.

Concentrati sui percorsi di cambiamento dei tuoi clienti, racconta le loro storie, le loro battaglie, i loro successi.

Crea rituali e momenti che celebrino pubblicamente la trasformazione avvenuta, riconoscendo i loro progressi. Spesso il cliente non si rende conto del cambiamento che ha compiuto. Sta a te farglielo notare.


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